Valerio Cruciani è scrittore, poeta e sceneggiatore. Ha vissuto per nove anni in Spagna, dove la Click Ediciones (Grupo Planeta) ha pubblicato i suoi romanzi (il prossimo in uscita a novembre 2017).
Perché scelse la Spagna?
Volevo lasciare l’Italia, fare un’esperienza all’estero, in Europa. A quei tempi (2007) la Spagna mi sembrava un paese molto interessante, si parlava di opportunità lavorative e di tanto movimento a livello culturale. Inoltre già avevo conosciuto Madrid da turista e mi piacque, mi sembrò molto interessante.
Vedeva la Spagna come un’opportunità per il futuro?
Sì, la vedevo come un’opportunità per il futuro e soprattutto come un occasione per lasciare il mio paese ed imparare un’altra lingua, per vivere situazioni che non si vivono quando sei a casa e per uscire dalla mia routine e dalle mie abitudini mettendomi in un nuovo contesto.
Notò molti cambiamenti al suo arrivo in Spagna? Ebbe difficoltà?
In alcune cose sì, piccole differenze più che altro. Ad esempio, Madrid non ha nulla a che vedere con Roma sotto tutti i punti di vista: nello stile architettonico, nei trasporti pubblici e in molto altro ancora.
Una delle cose per le quali ebbi maggiori difficoltà di adattamento fu il cibo, sia per quanto riguardava gli orari in cui si mangiava che nell’organizzazione dei pasti. Ma è proprio questo che ti fa capire che vivi in un altro modo, uscire con gente diversa ed organizzare le tue giornate con nuovi ritmi è interessante, da qui iniziano a formarsi nuove abitudini.
Prima Madrid, poi Logroño: perché questo cambio?
Vissi a Logroño negli ultimi tre anni della mia esperienza in Spagna, e il cambio fu per motivi di lavoro. Volevo approfittare di un’opportunità e vivere lì. Era un altro tipo di paesaggio, con persone ed abitudini completamente differenti rispetto a quelle di Madrid. Inoltre, mi veniva offerta la possibilità di vivere per la prima volta in una provincia, che è come un altro pianeta se lo si compara con una capitale.
Vivendo a Logroño ebbi la possibilità di scrivere un film con il produttore José Antonio Romero, una storia su La Rioja e sul vino. Stando lì, avevo tutta la documentazione a portata di mano.
Che pensa della letteratura spagnola?
Credo che in Spagna ci siano buoni editori e che la gente legga molto, non come in Francia naturalmente, ma è un paese che ha molti “lettori forti” di un livello culturale medio. Da ciò che ho notato, ci sono due aspetti importanti che caratterizzano la letteratura spagnola: da un lato la letteratura commerciale, che attira la maggior parte dei lettori e che viene promozionata molto, e dall’altro la letteratura meno commerciale e per i nuovi autori, che come sempre iniziano tra mille difficoltà ma a cui viene garantito uno spazio importante.
Devo inoltre dire che mi sembra molto interessante la poesia: penso che in Spagna abbia ancora lettori, buone case editrici che pubblicano questo genere e riscuote successo.
Esiste più tradizione poetica in Spagna o in Italia?
Diciamo che dal punto di vista della scrittura siamo paesi molto simili, la poesia è stata con noi fin dall’antichità. Tuttavia, dal punto di vista della lettura, in Italia la poesia è scomparsa dal panorama delle case editrici (eccetto pochi casi). Semplicemente non esiste, è rimasta come qualcosa di molto settoriale, per specialisti e persone che coltivano quel genere.
In Spagna, invece, continua a mantenere il contatto con il pubblico in diversi modi e contesti, e ciò mi sembra fondamentale. Io sono solito dire che quando la letteratura, o l’arte in generale, non raggiunge il pubblico (coloro che non sono specialisti del genere), significa che sta perdendo il suo spirito, il suo valore e sta circolando nelle acque stagnanti del “mondo” della cultura.
Per lei allora è più facile scrivere direttamente in spagnolo che tradurre.
Si, assolutamente, perché in questo modo sei obbligato a pensare in quella lingua e quindi ad introdurti in quella cultura, in quella mentalità e scrivi direttamente per quei lettori. Per me tradurre se stessi è un lavoro difficilissimo, poichè cominci a vedere cose che non ti piacciono ovunque… si soffre molto. Ora ho deciso di ricominciare a scrivere in italiano.
Qual è il suo modello di ispirazione?
Non ho un modello unico, cerco di imparare un po’ da tutto ciò che leggo provando a leggere cose molto diverse. Leggo molta poesia, guardo molto cinema, leggo letteratura commerciale per sapere cosa è ciò che si vende (anche se spesso non si capisce il perché).
Abbiamo visto che ha lavorato anche nel campo del fumetto.
Fu una piacevole coincidenza. Una rivista delle Asturie, The Rocketman Project, stava cercando nuovi autori e mi scrissero mettendomi in contatto con un disegnatore, Hugo Llera, per collaborare. Poiché non sapevo come si scriveva un fumetto, iniziai a studiarlo. È solo un’altra forma di linguaggio, un altro modo di scrivere un testo per raccontare una storia secondo regole ben precise.
È un genere molto stimolante, che sta a metà strada tra il cinema e il romanzo, e puoi vedere come le tue idee prendono forma su carta. Pensi alle immagini e crei situazioni che cambiano in ogni pagina. Fu divertente e mi piacerebbe ripeterlo.
Alcuni autori di fumetti spagnoli.
Paco Roca, alcuni autori di El Jueves, Manel Fontdevila, Igor, Miguel Noguera…
Autori della letteratura spagnola.
È sempre difficile scegliere, ma per rispondere alla domanda non posso non citare libri come Soldados de Salamina di Javier Cercas, la poesía di Luis Alberto de Cuenca, El Hereje di Miguel Delibes.
Pensa che tornerà un giorno in Spagna?”
Per il momento non credo, rimango qui, ma spero che ci possano essere in futuro più opportunità di collaborare con la Spagna. Ora, ad esempio, ho un copione di un film ambientato a Roma, ma che ha alcune scene che si svolgono a Madrid: potrebbe essere la scusa buona per avviare una coproduzione tra Spagna e Italia.