Teresa Sapey, architetta. Nata a Cuneo, laureata a Torino, specializzata alla Parsons School of Design di New York ed alla parigina École National Supérieure d’Architecture di La Villette. Nel 1990 fonda a Madrid il pluripremiato studio multidisciplinare di architettura e design Teresa Sapey + Partners
Incontro Teresa in modo virtuale, un venerdì mattina che suona a vacanza tra gli sbadigli del mattino ed il secondo caffè. Si trova nella casa sua di Maiorca, non è in vacanza, stá “veraneando” che è un verbo molto spagnolo che si usa quando uno passa tutta l’estate in un posto (tutta una filosofia dello slow…).Teresa si presenta bene, si veste bene, ascolta bene e parla bene: “Il primo progetto sei tu. Come ti vesti, che occhiali hai, come sei pettinata e come parli. Pensa al messaggio che trasmetti e a come la gente lo capta e da lì inizi a dar vita al tuo primo progetto” Una conversazione di ore con Teresa ti può anche sembrare di 5 minuti perché lei ha la capacità di passare dagli argomenti più frivoli a quelli più professionali e profondi in un modo naturale, con la leggerezza che solo le persone sicure di sé e sagge sanno fare… Teresa Sapey, detta “la vulcanica” (per la sua iperattività creativa), ribattezzata da Jean Nouvel come “Madame Parking”, l’architetto dei “Non luoghi”… Esistono molte Terese e c’è una sola Teresa. Unica.
Buongiorno Teresa. Non só se perché ti conosco o perché ho sempre seguito il tuo lavoro ma é stato molto difficile affrontare questo colloquio. Dopo vari giorni in cui mi sono piacevolmente immersa nelle tue interviste, prendendo spunti, lasciandomi guidare tra domande e risposte, ect…erano tanti tanti argomenti e tutti cosí interessanti che alla fine ho buttato nel cestino tutti gli appunti e ho cercato un nostro punto di partenza.
Nel Maggio scorso, in pieno lockdown, sei stata ospite durante un programma di Dosintres Cultura, programma promosso dall’Ufficio di Cultura e Scienza dell’Ambasciata di Spagna in Italia che ha come scopo promuovere gli scambi in queste due aree di entrambi i paesi. In questo dibattito che parlava della diplomazia culturale e dell’immagine reciproca hai partecipato come esempio di personaggio reciproco e bilaterale. Avendo una limitazione sia di tempo che di struttura, c’erano degli argomenti molto interessanti che tu hai messo sul tavolo e che volevo riprendere e approfondire. Ad esempio hai cominciato affermando che per té c’erano due elementi in comune tra l’Italia e la Spagna che sono stati chiavi per il tuo sviluppo professionale. Uno é Il letto di Ulisse…
Certo! Il letto d’Ulisse, il grande materasso che bagna i nostri paesi. E non é solo acqua é anche vita, cultura, tradizione, storia e dolore, amore, gioia. Sono sconfitte e sono passato presente e futuro e continua ad unirci il mediterraneo, i nostri confini, le nostre dita. Noi tocchiamo lo stesso tavolo, lo stesso letto che era il letto di Ulisse ¿Perché dico questo? Pensa che io sono una Torinese e per me scoprire l’italia é stato scoprire un altro paese nel senso che io amo l’Italia, mi sento piú vicina al meridione che al nord d’Italia. Quando ho scoperto la Sicilia, la Calabria, Puglia, la Campania, ho scoperto un paese che non conoscevo, delle tradizioni che non conoscevo e che sono totalmente diverse del mio “savoir”. Nel momento che conosci le tradizioni d’Italia (che non é il Piemonte ma é il resto), le tradizioni di Spagna che non sono quelle di Madrid, sono quelle della Catalogna, quelle Valenciane, Andaluse, sono quelle delle Baleari e vedi che tra Sardegna, Calaluña ,Baleari, Andalusia, Sicilia c’è un legame d’amore, c’è una storia insieme, hanno talmente tanti punti in comune che non si sá se la osmosi é partita dalla Spagna quella borbonica o al contrario una Spagna che osmoticamente voi avete preso da noi. Ma c’è proprio una capillaritá ed é una capillaritá orizzontale, non é verticale. Non é una gara, é uno scambio. Uno scambio d’amore che noi abbiamo preso da voi e voi avete preso da noi. Questo si vede nella cultura, nel mangiare, nelle parole, nelle abitudini e si vede anche nel modo di vita e lì c’è una similitudine pazzesca che io ho imparato già da adulta e ho apprezzato una volta che ho conosciuto meglio l’Italia e la Spagna. Questo secondo me é incancellabile, ed é anche bellissimo. La spagna é la continuazione dell’Italia, non é un paese straniero. Trovo piú simili un pugliese o un siciliano a uno spagnolo di Andalusia che a uno di Santander. E questo l’ho imparato con il tempo apprezzando e imparando questo grande paese che é la Spagna che voi non ve ne rendete conto… Adesso che tu vivi in italia forse mi capisci che vivendo in questo stivaletto che si chiama Italia… é piccolo questo stivaletto, non c’è un paio di scarpe, ce n’è solo una, esci dalla frontiera, parli italiano e nessuno ti capisce.
La grandezza della Spagna, l’importanza culturale vostra, si capisce quando tu vai in America e parli la stessa lingua. In tutta l’America. Adesso é meglio imparare lo spagnolo che l’inglese. Noi Italiani siamo stati grandi certamente…ma nei tempi di Romani ed ormai sono passati secoli…
…e poi il colore giallo. Perché?
Ti racconto le due storie: La storia Italiana é che a Torino esiste il giallo Torinese che noi usiamo e che é catalogato nel piano cromatico della cittá di Torino. Se tu a Torino devi dipingere un palazzo sei costretto a tenerti alle schede del piano cromatico dei colori di Torino. C’è l’azzurro piemontese, il verde, il bianco piemontese , c’è il giallo piemontese che é un po uovo…zabaione, ma noi piemontesi siamo stati sempre un po´attaccati ai colori, pensa che Carlo IV di Savoia era chiamato “Il Conte Verde” ed era perché si vestiva sempre con il colore verde, aveva sempre qualcosa di verde addosso: o i bottoni o la giacca… Treviso ha una storia con il colore. Poi quando sono arrivata in Spagna vivevo nel El Viso che é una colonia nel centro di Madrid dove tutte le case erano bianche e ho voluto dipingere la casa mia di giallo perché ho voluto portare un pezzo di Piemonte. Mi chiedevo anche perché questa cosa fissa e poi in un viaggio al sud della Spagna ho scoperto che c’era una sabbia gialla, strana perché era una sabbia che non si appiccicava, che non si bagnava. Io sempre curiosa domandavo e mi dicevano che era terra “albero” (io pensavo che forse non capivo: sará l’albero…?) Poi sono stata alla Maestranza e ho visto tutta l’arena di questo colore e mi hanno spiegato che Albero era una terra che solo esiste a Siviglia nelle sue mine nella localitá de Los Alcores. L’ho presa in mano ed era un giallo come il piemontese, un po piú oscuro, píu mostarda. Il Piemontese é piú brillante perché a Torino c’è la nebbia e a Siviglia c’è il sole. Da quel giorno mi sono innamorata di questo colore che ho usato tantissimo nella mia vita.
Hai vinto la gara per disegnare la sala vip di Arco 2020 e quando abbiamo fatto il feedback del programma ci sono arrivati diversi commenti di spagnoli che si sono emozionati quando hai parlato dei materiale del disegno Made in Spain. Quindi il design, non é piú un territorio Italiano?
Gli italiani vendono l’aria, il fumo. Lo spagnolo è molto più solido, meno chiacchierone. É un commerciante ma un commerciante solido…in realtà ha sempre paura di non essere perfetto e quindi si lancia molto di meno che l’italiano, e devo chiaramente dire la verità: il disegno italiano che a livello tecnologico è il migliore al mondo, indiscutibile ma non è più italiano, non c’è un italiano che disegna per l’Italia, adesso giustamente molti sono spagnoli: parliamo di Patricia Urquiola, di Jaime Ayllón, completamente spagnoli o dei designer che hanno dei nomi catalani o baschi che si confondono e molti pensano che siano stranieri… un po’ come io che ho un nome francofono. Posso essere spagnola, posso essere francese quello che posso essere di meno è italiana perché la “y” non esiste neanche nell’alfabeto italiano. Detto questo con la crisi del 2008 c’è stata un’evoluzione pazzesca (quelli che sono sopravvissuti) ed esiste un Made in Spain a livello internazionale di disegno che non ha niente da temere al disegno italiano. È vero che il disegno italiano è un colosso ed è vero che il disegno spagnolo è rappresentato da meno, ma è un disegno di altissimo livello, con una tecnologia incredibile. Quest’anno nella sala VIP d’Arco, ho voluto usare solo il Made in Spain, grazie a RED (Reunión de Empresas de Diseño) Il risultato a livello estetico, qualitativo… era completamente al livello italiano, il livello di rifinitura pazzesco, era meraviglioso, la gente era sotto shock. La Spagna non è solo turismo e servizi, è anche design. C’erano le lampade che ballavano, si muovevano, mobili pazzeschi, bellissimi. Il tavolo lungo 22 metri di Actiu era una roba da MOMA da Museo d’arte moderno, potrebbe essere perfettamente alla triennale di Milano e non avrebbe avuto niente da invidiare al design italiano.
Non solo architetta, alle volte ti hanno commissionato disegnare oggetti e il tuo studio collabora con grosse società di tutto il mondo del design, ma volevo fermarmi sulla tua collaborazione che avevamo intravisto nel dibattito con La Real Fábrica de Tapices de España, una nostra grande Istituzione, nota in tutto il mondo.La Real Fábrica de Tapices è famosa nel mondo per rifare i tapices di Goya, Rembrandt.. quello che vogliono e hanno un magazzino di fili di colore che è emozionante, avranno centinaia di colori, sfumature dello stesso colore e queste donne che fanno tutto a mano. Un lavoro di ore e ore per fare un centimetro e sono capaci di riprodurre quello che tu vuoi. La Real Fábrica de Tapices ha la vasca più grande in europa per lavare questi tappeti. In mezzo a questa tradizione, vecchio stile, manuale, artigianale e anche artistica, io disegno un tapiz, un tappeto che quando lo vedi da lontano sembra vecchio ma quando ti avvicini è un micro chip. Bellissimo… rosso, giallo ed oro. Devi guardarlo e poi capisci che c’è qualcosa che non ti quadra.
Ti sei trovata bene a spiegare a loro quello che tu volevi?
È stato molto facile lavorare con loro invece credo che non sia stato abbastanza pubblicizzato e mi dispiace perché avrei aiutato anche a dare un’immagine della Real Fábrica de Tapices, più aperta, più moderna e soprattutto più contemporanea.
Il claim del tuo studio Sapey and Partners:” A taste of Italy in Madrid.” Infatti le influenze italiane sono un continuo nelle tue opere. Soprattutto di Gio Ponti a cui ti ispiri di manera abituale.
Si, ho ultimamente amato molto a Gio Ponti e ti spiego perché. Innanzitutto era architetto, non era designer d’interni. Architetto come me, ma disegnava e dipingeva anche e mi sento molto vicina a lui perché lui come me, ha fatto l’architetto al politecnico e poi un’altra cosa che mi unisce a lui (..che mi unisce? Vorrei essere il dito indice di Gio Ponti), è che lui in Venezuela ha realizzato due case tra cui un suo capolavoro “Villa Planchart” e quindi l’avere lavorato con latinoamericani, con la cultura latina “spagnola” “hispánica” ci unisce anche. Lui era Milanese, io Torinese. Tutt’e due del nord d’italia.
Come donna sono molto incuriosita e volevo sapere il tuo pensiero sul triangolo delle donne architette più note. Parlo di tè, di Patricia Urquiola e Benedetta Tagliabue. Nel caso di Benedetta lei rimane a Barcellona perché ha continuato il lavoro dello studio fondato insieme al suo scomparso marito il grande architetto spagnolo Enric Miralles, ma Patricia, spagnola ha la base a Milano e tu italiana che hai la tua base a Madrid. Mi chiedo: “Nessuno è profeta nella sua terra?
Infatti, nemo propheta in patria…Io ti ringrazio tantissimo che mi paragoni a Patricia perché Patricia è un genio, è molto più brava da me, bravissima, molto famosa anche in Spagna.
Io credo che tutte tre facciamo parte di questa prima generazione di donne architette che veramente esercitano la professione e lavorano e quindi in realtà non ci aspettavamo questo successo professionale o questi risultati. Noi siamo state educate in un modo molto borghese, entrambe venivamo da famiglie borghesi, siamo state educate un po’ con la filosofia di lavorare per passare il tempo, nessuna di noi si aspettava di arrivare dove siamo arrivate e quindi questa è stata una grande sorpresa della vita. Io sono sicura che Patricia sarebbe diventata una grande in qualsiasi posto del mondo compresa la Spagna e devo dire che quello che ho fatto io lo devo moltissimo alla Spagna perché mi ha coccolato e mi ha accolto amorevolmente però credo che in un certo senso anche io un pochino lo avrei fatto ovunque. La cultura latina ha certamente aiutato perché io sono latina, ritorno al letto d’Ulisse. Sono nata nel letto d’Ulisse, dormo nel letto di ulisse, ho bisogno del letto d’Ulisse. Io amo la spagna profondamente, la spagna è il mio paese adottivo. E uno ama più ai suoi genitori adottivi che ai propri genitori, però devo anche dire che se non fossi cresciuta a Torino, se non avessi amato il grande Juvarra, che progettò il Palazzo Reale, sicuramente non sarei arrivata tanto in alto.
L’Italia e la Spagna sono state specialmente colpite dal COVID19. Siamo stati spettatori e attori di un momento storico che chiaramente lascerà un segno. Noi, Mediterranee che facciamo tanta vita sociale, fuori casa, chiuse nelle nostre abitazioni per quasi tre mesi… Dal punto di vista architettonico. Ci sará un prima e un dopo?
Io credo che il post Covid ci sarà di certo perché ci saranno delle cose a cui faremo più attenzione, ma ci sono varie cose che tutti terremo presenti se dovessimo rifare la casa: ossia delle piccole varianti tipo avere una piccola alcova o un piccolo angolo tuo, delle dispense più grandi, case più facile e comode e credo che chi ha perso in questo molto sono i grandi brand low cost perché i loro mobili non sono pensati per essere usati così tanto e si è vista la grande differenza tra la qualità ed il prezzo e secondo me la gente preferirà poche cose ma buone. Si presterà anche più attenzione a che le case abbiano un piccolo balconcino, non solo finestre perché le finestre ti tagliano le gambe, ti uccidono, ci sono dei dettagli che prima uno non osservava, ma che adesso hanno acquistato una loro importanza perché se ci sarà un’altro lockdown almeno si potrà respirare.
Approfondendo nelle tue opere e come direttrice creativa mi é molto piaciuto che dietro a tutte c’è un concetto. Ad esempio el Parking and Dante per Dante…)
Sono d’accordo, non c’è solo estetica nel mio lavoro perché c’è sempre un concetto dietro, c’è sempre una storia e una ragione. C’è un discorso. Normalmente parto dal concetto per arrivare all’estetica. Perché il concetto è l’ADN del progetto, la storia, cosa è, dove guarda… faccio questo prima di dargli una svolta estetica. Prima viene il concetto dopo viene il vestito. L’estetica diventa un po il vestito del progetto. Molta gente nell’architettura non ha un concetto dietro, ma nel mio caso si, c’è sempre.
Per quando un grande albergo firmato Teresa Sapey in Italia..ci vediamo tra poco?
Ad Agosto volevo fare un workshop a Murano con il vetro…ma il Covid19 ha complicato il panorama. Ammiro Murano perché è il vetro più sofisticato al mondo. La tecnologia la rispetto sempre. La tecnologia e l’avanguardia ancora di più, ne ho bisogno nel mio lavoro e volevo capire un attimo cosa posso fare con il vetro e cosa no. Forse mi parte un progetto a Venezia, io sono sempre dell’idea di che un progetto deve parlare del luogo prima dell’architetto. Quindi un albergo a Venezia deve parlare veneziano e deve avere una radice e una identità veneziana e chiaramente dovrò mettere qualcosa di Murano e capire Murano perché dovrà essere un Murano contemporaneo.
Comunque io ci andrò presto, ho un piccolo tour adesso in Italia, ja,ja, … prima dovrò andare a Ischia al PREMIO PIDA (Premio Internazionale Ischia di architettura ) CARRIERA 2020 a fine mese, dopo a Roma, per assistere al SPAM (Settimana del progetto di architettura nel mondo) dove l’11 ottobre interverró in una conferenza al The Rome Architecture Festival su “Needs”, “Living & Transition” e il 12 e 13 Ottobre saró ospite a Hospitality Day a Rimini . Ci vediamo….
Certo che sí! Tanti auguri Teresa per il tuo premio da parte mia e dell’Ufficio di Cultura e Scienza dell’Ambasciata di Spagna in Italia e brinderemo con uno Spritz e con un Rioja. Un grande in bocca al lupo per tutto e grazie per condividere con noi i tuoi pensieri, la tua energia e la tua creatività. A presto!
Patricia Pascual Pérez-Zamora. Palo Laziale, Agosto 2020