Manfredi Gelmetti è un attore ed un ballerino di flamenco italiano. Si occupa anche di regia. Vive tra Roma e Londra.
Ha sempre voluto “essere un artista” e fin da bambino gli era chiaro che il suo percorso nella vita non sarebbe stato tradizionale. Nei suoi profili si legge: attore, ballerino e istruttore.
Incontro Manfredi in una calda mattina di luglio, nel centro di Roma, questi giorni del Luglio romano di un caldo umido come se fosse ferragosto, ma senza vacanze. E con le mascherine. Infatti, anche se ci eravamo “spiati” sui social network, abbiamo avuto difficoltà a riconoscerci entrambi. Caffè all’aperto e la conversazione trascorre al ritmo dell’ombra.
Manfredi, sorride. Sempre. Ha un bel sorriso. Il sorriso della gente che sembra felice… È civettuolo, mi confesserà la sua età più tardi battendo soavemente le ciglia. Mi trovo però con una persona dall’aspetto giovane e grintoso, ma quando mi guarda e risponde alle mie domande, lo fa in un modo che è sicuro di sé, e soprattutto, molto sicuro del terreno su cui cammina o che a volte calpesta. Qualcosa come “o canti o balli” come se fai entrambi è perché non fai fino in fondo nessuno dei due mestieri. I soliti cliché delle societá europee. Invece Manfredi è bravissimo in tutte le sue sfumature professionali.
Manfredi, raccontaci con le tue parole da dove vieni che percorso hai fatto e dove sei arrivato adesso nel tuo percorso professionale.
Il mio percorso è molto variegato.Ho cominciato a studiare recitazione e danza in Italia esattamente 20 anni fa. Poi ho sentito l’esigenza di cercare altrove la mia identità’ artistica. Mi sono trasferito prima a Siviglia, poi a Madrid per approfondire il Flamenco. Dal 2008 al 2015 ho fatto parte del corpo di ballo della Royal Opera House di Londra nella produzioni de ” La Traviata” e “Carmen”, quest’ultima realizzata anche in Cina nel 2014 in coproduzione con l’Opera House di Guangzhow. Nel frattempo ho approfondito anche la recitazione presso L’Actor’s Centre di Londra. Il primo spettacolo da professionista è arrivato nel 2001 grazie a Beatrice Bracco che mi ha inserito nel cast di “Sacco e Vanzetti” come uno dei testimoni d’accusa. Siamo rimasti in scena a Roma per un mese, poi a Genova. Grazie a questa esperienza, al lavoro di Beatrice sugli attori, ho capito che tipo di artista sarei voluto diventare: vivere a pieno l’esperienza del personaggio ha aperto in me dei canali di ascolto e di osservazione al punto da aver cambiato il mio modo di approccio alla vita stessa. Dal 2012 mi occupo anche di fitness, alleno le persone a coltivare il proprio benessere. Credo che nella vita possiamo essere tante cose, possiamo fare e dare molto, l’importante è fare tutto al meglio delle proprie possibilità e con onestità in primis verso se stessi.
Ritiene che questo sviluppo professionale corrisponda o vada di pari passo nel suo caso con uno sviluppo e una crescita personale?
Ne sono certo. Come ho enunciato nella risposta precedente, la crescita artistica va di pari passo con quella personale. Non credo si possano dividere. Certi mestieri sono fatti, creati e alimentati dall’emotività, dai sentimenti. Un personaggio, una coreografia senza l’evoluzione emotiva dell’artista non può esistere.
Hai vissuto in molti luoghi, tra cui Madrid e Siviglia, dove ti sei formato. Quali sono i tuoi riferimenti spagnoli: i grandi spettacoli di Joaquín Cortés o di Rafael Amargo o la purezza dei tablaos meno frequentati, i patii di Siviglia che cantano e ballano fino all’alba.
A Madrid e Siviglia si respirano arie differenti. Siviglia con i suoi patii in fiore, i suoi tablaos caratteristici, las peñas con gli spettacoli a tarda sera è la culla della tradizione. Madrid é un bel crocevia di influenze culturali, il Centro de Arte flamenco “Amor de Dios” racchiude tradizione e modernità. Io amo la tradizione che incontra la modernità.
Come i buoni ballerini sempre un passo avanti. Dalla vita in Spagna o in Italia che è ricca di sfumature, cultura…. alla Cina, società priva d’immaginazione e caratterialmente contrapposte alle nostre. Come è andata? Ci ritorneresti?
La Cina è stata una sfida per me. Il regista ed il coreografo di Carmen mi hanno affidato le audizioni per il corpo di ballo, la preparazione fisica e la ripetizione della coreografia. Ho volato da solo fino a Guangzhow passando per Pechino e Taiwan. Non è stato facile. I cinesi non avevano idea di cosa fosse un’Opera Lirica, cosa significasse essere un gitano, tantomeno la storia di Carmen. Abbiamo ricominciato da zero, usando i motori di ricerca cinesi (Google era oscurato) e dopo due mesi di prove mi hanno regalato la gioia di vederli danzare proprio come dei gitani. I cantanti ed il coro provenivano da altri Paesi, l’Orchestra era di Macao. È stato incredibile. I cinesi assorbono velocemente, copiano, eseguono alla perfezione. Da quel momento ho perso la paura e l’insicurezza verso il mio lavoro. Non li ho più rivisti ma li porto nel cuore. Rifarei tutto.
Come spagnoli siamo molto colpiti da come una persona come te, un italiano, interpreti le nostre radici folcloristiche più profonde. Il tuo spettacolo di tributo al “Pueblo Gitano”, previsto per aprile e patrocinato dall’Ambasciata di Spagna in Italia, è stato cancellato. Raccontaci il concetto di questo spettacolo, la tua visione e soprattutto la tua performance.
Il tributo al pueblo Gitano doveva debuttare a Roma ad Aprile ma le cose sono andate diversamente e lo spettacolo è rimandato alla prossima stagione. Per questo debutto in collaborazione con L’Ambasciata di Spagna in Italia mi sono ispirato a Lorca, al Romancero Gitano. Lo spettacolo alterna voce, musica e danza, sono diversi quadri dove interpreto dei passi dell’opera celeberrima di Lorca contestualizzando le sue parole con i tempi che stiamo vivendo, racconto la condizione del gitano errante per la terra arida d’Andalusia, del suo cielo, della sua notte con la luna argentata. L’idea è il viaggio, il cammino, con il suono dei tacchi sul legno come segno di ribellione alle persecuzioni dei secoli passati.
Manfredi, sappiamo che il COVID19 è stato un’occasione per sviluppare altre discipline e aprire altre strade. Come hai vissuto il COVID 19 e quale sarebbe la tua utopia professionale?
Durante il lockdown ho creato un gruppo che ho chiamato “Io resto a casa e mi alleno”. Proporre lezioni di fitness in diretta ha aiutato sia me che i partecipanti ad affrontare la quarantena forzata . È nato un sito www.iorestoacasaemialleno.com dove condivido ogni giorno allenamenti, ricette e consigli per il benessere personale. Ho vissuto l’emergenza Covid -19 cercando di far nascere un’opportunità da una difficoltà. La mia utopia è un posto, un centro dove le persone possano coltivare una buona qualità di vita attraverso le arti, attraverso l’allenamento, immerse nella natura, magari davanti al mare. Per questo da tre anni organizzo il weekend del benessere presso “La Tenuta i segreti del Borgo”, perché tra fitness, natura, buon cibo e musica la gente possa ritornare in contatto con il proprio sé. Lo avevo scritto nel mio dream book che si arricchisce sempre di nuove pagine.
Manfredi, aspettiamo che la tua utopia sia presto una solita realtà e da Piazza Spagna.es, il portale di Cultura e Scienza dell’Ambasciata di Spagna in Italia, ti ringraziamo per il tuo entusiasmo. Olé “tu arte” (www.manfredigelmetti.com)
Patricia Pascual Pérez-Zamora. Roma, 14 luglio 2020