Durante il secondo lockdown, assieme alle mie colleghe di Dosintres Cultura, Cristina e Margarita, abbiamo preparato un programma online sull’archeologia spagnola a Roma in collaborazione con il EEHAR-CSIC (Scuola Spagnola di Storia e Archeologia). È stata la prima volta che ho sentito parlare di Juan Gibaja. “È un eccellente divulgatore”, mi disse Antonio Pizzo, direttore della citata istituzione. Avendo una grande stima per Antonio, per il suo lavoro e la sua visione innovativa sulla ricerca storica e scientifica, ho deciso di invitare il suo collega a partecipare. Ma il lavoro di tale dottore in Preistoria presso l’Università Autonoma di Barcellona e scienziato del CSIC dal 2017 meritava più di un programma di dibattito. Il suo lavoro di divulgazione scientifica con gruppi a rischio di esclusione attraverso attività adattate a ciascuno di loro, ci fa percepire una scienza più vicina, più facile da comprendere e, perché no, più inclusiva. Vivendo e lavorando da un anno e mezzo presso la Scuola Spagnola di Storia e Archeologia del CSIC, vicino a Piazza Venezia e dedicando parte del suo tempo al suo programma “Inclusive Science”, abbiamo la fortuna di poterlo intervistare personalmente. Con un’aria distratta come quasi tutti gli scienziati, sempre sorridente, amichevole e disponibile, ci accoglie con entusiasmo e la stessa generosità con cui dona la sua sapienza ai più svantaggiati.
Dal 2011 lavora presso l’Istituzione Milà i Fontanals del CSIC, grazie a un contratto Ramón y Cajal e da poco più di un anno lavora presso la Scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma (EEHAR). Qual è esattamente il suo ruolo nella Scuola?
Ho due linee di lavoro. Una è una ricerca puramente incentrata sulla transizione tra le ultime comunità di cacciatori-raccoglitori del Mesolitico e i primi agricoltori pastori del Neolitico. Il progetto che stiamo portando avanti nell’insediamento neolitico de La Marmotta (Anguillara Sabazia, Lazio) gioca un ruolo importante in questa linea, per la qualità e la quantità dei resti archeologici documentati: canoe, archi, cesti, ecc.
La seconda linea si concentra sulla diffusione della scienza a diversi gruppi che non si avvicinano mai alla scienza stessa. Nel caso di Roma, abbiamo avviato diverse attività educative sulla storia e l’archeologia per persone affette dal morbo di Alzheimer, giovani immigrati non accompagnati e bambini con la spina bifida. Queste attività sono state rese possibili grazie alla collaborazione con la Caritas-Casa Wanda e l’Ospedale Gemelli.
Ciò che ha attirato maggiormente la nostra attenzione è il suo ruolo di divulgatore. Siamo abituati come i ricercatori, soprattutto nel campo dell’archeologia, non facciano conoscere le loro scoperte al resto della gente. Perché pensa che la divulgazione sia importante per la società di oggi?
Come dipendenti pubblici dovremmo essere obbligati a restituire alla società le conoscenze che acquisiamo attraverso la nostra ricerca. Dunque, è una diffusione che deve tener conto di tutta la società, indipendentemente dal suo stato sociale, dalle sue risorse economiche, dal suo livello di istruzione, ecc. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che tutti hanno il diritto di godere della cultura e del progresso scientifico.
Tra l’altro, se la società non capisse le implicazioni che la scienza ha sulle loro vite quotidiane, i ricercatori avrebbero un brutto futuro. Altrimenti, ci sarà una proliferazione di proposte politiche in cui l’investimento nella scienza è minimo.
Il suo modo di diffondere informazioni è diverso dagli altri, infatti lo ha definito “diffusione inclusiva” raggiungendo così qualsiasi gruppo sociale, anche quelli emarginati della società stessa. In cosa consiste questo modo di diffondere informazione? Quali metodi usi per farlo?
Sul principio secondo il quale la divulgazione scientifica dovrebbe raggiungere tutti i settori della società, i nostri progetti cercano di essere il più inclusivi possibile. In questo senso, le nostre attività, e soprattutto gli strumenti educativi che prepariamo, sono progettati in modo che possano essere utilizzati da persone di diverse età, così come quelli con esigenze speciali. Ad esempio, uno strumento educativo può essere apprezzato da qualsiasi persona con o senza difficoltà di vista, udito o mobilitá. Infatti le attività che più ci attraggono sono quelle. Allo stesso modo, dobbiamo usare un linguaggio semplice e comprensibile per questi diversi gruppi, senza perdere alcun contenuto scientifico.
Avendo potuto lavorare in Spagna e ora qui in Italia, hai notato qualche tipo di differenza tra i gruppi con cui hai lavorato? Senti che a livello ricettivo è stato lo stesso in entrambi i paesi?
È senza dubbio lo stesso. Le persone di quei gruppi che chiamiamo “dimenticati” dalla divulgazione scientifica sono estremamente ricettive. Si divertono sempre molto perché di solito non frequentano questo tipo di attività, sia perché nessuno pensa a loro, sia perché non pensano nemmeno che la scienza sia per loro. L’interesse che mostrano e l’affetto che ci offrono è così grande che, senza volerlo, ci hanno coinvolto sempre di più nella creazione di attività informative per questi diversi gruppi. Sarebbe meraviglioso se tutti i ricercatori dedicassero una piccola parte del loro tempo alla divulgazione. I risultati sulla società sarebbero sorprendenti.
Visto che resterai in Italia per un po’, ti piacerebbe collaborare con qualche istituzione del paese in futuro per promuovere la tua forma di divulgazione?
Naturalmente, abbiamo raggiunto una piccola parte di questi gruppi “dimenticati”. Ma la chiave è collaborare con i ricercatori italiani per coinvolgerli nella divulgazione scientifica inclusiva. Sarebbe sorprendente vedere il nostro lavoro continuare e i ricercatori imbarcarsi in questa avventura di outreach, replicando e migliorando la nostra metodologia e gli strumenti di insegnamento. In proposito, a novembre organizzeremo una conferenza sulla divulgazione presso la Scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma, con la partecipazione di numerosi ricercatori e divulgatori. Forse questo sarà il quadro nel quale unire esperienze e collaborazioni per il futuro.
https://cienciainclusiva.wordpress.com
http://csic.academia.edu/JuanFranciscoGibaja
http://sepulturasneoliticas.blogspot.com.es
Intervista a cura di Patricia Pascual Pérez-Zamora, @pato_perezamora. Roma, Aprile 2022