Nel mese di gennaio presenterà presso l’Instituto Cervantes di Roma la sua mostra individuale. In essa si affronta il tema degli artisti spagnoli che hanno fatto tappa a Roma nel corso dei secoli.
Il 30 ottobre inaugurerà presso l’Ambasciata d’Italia di Washington D.C. una mostra realizzata dalla Casa delle Letterature di Roma nel 2015, Librografie.
Nel suo lavoro, chi l’ha ispirata maggiormente?
Come artista ho avuto molte persone che mi hanno ispirato. Il mio primo amore fu Velázquez, quando iniziai a studiarlo avevo 15 anni e studiai la sua tecnica… lo studiai moltissimo. In ogni periodo storico ci sono personaggi che mi hanno influenzato molto. Ad esempio Picasso è sempre presente, è inevitabile; penso sia uno dei cinque artisti più importanti della storia d’Occidente. In ogni momento della mia vita, guardo a uno o all’altro. Attualmente, sono più vicino Picasso che a Velázquez. Il ventesimo secolo mi interessa molto.
Quando e dove è stato più felice nel corso della sua esperienza italiana?
Ci sono stati molti momenti belli. Quando arrivai in Italia, che era il sogno della mia vita, ci ero già stato due volte da turista e decisi che dovevo vivere qui. Fui molto felice anche quando con 23 anni terminai l’erasmus in Umbria e mi trasferii a vivere a Roma. Anche questo che sto vivendo, dal momento che ho cominciato ad essere più conosciuto nel paese, ad avere più lavoro e a fare esposizioni più importanti, è un momento molto speciale, un altro sogno realizzato.
Il suo posto magico in Italia
Molto difficile sceglierne uno. Quando arrivai in Italia, mi resi conto che l’arte non sta solo nelle famose città come Roma, Firenze, Venezia… ogni cittadina ha una cattedrale, una galleria d’arte comunale e molto altro, è incredibile. Roma è la città che amo, come la Toscana, che frequento molto e che mi sembra un sogno, e l’Umbria dove ho fatto l’Erasmus. Ma non riuscirei a sceglierne uno solo.
Un piano alternativo a Roma
Se non siete mai stati al MAAM lo consiglio. È un’antica fabbrica di insaccati che venne abbandonata e successivamente occupata da famiglie provenienti da diversi paesi ed etnie. Per paura di essere cacciati via, poichè proprietà privata, un gruppo di artisti ed un antropologo decisero di creare opere d’arte in situ per dare protezione agli occupanti del luogo. La voce si sparse rapidamente, il progetto piacque e il numero di artisti iniziò a crescere molto. Realizzai una mia opera lì nel 2014 insieme all’artista andaluso Pablo Mesa Capella, ed il numero di artisti partecipanti già sfiorava quota 300 e continua a crescere. È diventato il museo più alla moda di Roma perché l’energia che si respira è incredibile e soprattutto perché tutti gli artisti sono benvenuti, e molti di loro hanno lavorato a stretto contatto con gli abitanti del posto. Non rimane praticamente più spazio. Ora si svolgono visite guidate una volta alla settimana e in occasione di eventi come spettacoli, presentazioni di libri e molto altro.Il nome del museo è una sorta di gioco di parole poichè significa Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz.
Il suo piatto preferito della cucina italiana
L’amatriciana. Non appena arrivo in Italia ne mangio sempre un piatto.
Pensa mai di tornare un giorno in Spagna? Cosa le manca del suo paese?
Non ci tornerei a vivere anche se amo la mia città, Siviglia. Quando ci vado, mi sembra un paradiso con i suoi giardini, i profumi della mia infanzia, l’allegria che si sente e molto altro. È il mio paese, lo amo, ci vado ogni volta che posso, ma l’Italia mi ha dato molto di più. Sono un pittore e vivo della mia pittura grazie agli italiani.