Alessandro Quarta

Alessandro Quarta, direttore e compositore, fondatore dell’ensemble vocale e strumentale Concerto Romano, dedito principalmente alla riscoperta del repertorio romano (e più in generale italiano) dei secc. XVI, XVII e XVIII.   L’attività concertistica alla direzione del Concerto Romano ha ottenuto il Prix Caecilia 2015 per il CD “Sacred music for the poor” ed il Diapason d’or nel 2016 il CD “La sete di Christo” di Bernardo Pasquini.

Dal 2007 è docente presso i corsi internazionali di musica antica di Urbino della FIMA (Fondazione Italiana per la Musica Antica), e dal 2018 direttore artistico del Festival internazionale Urbino Musica Antica.

Fra le collaborazioni musicali come direttore e continuista: ensemble Emelthée di Lione, Boston Early Music Festival ensemble, Consortium Carissimi di Minneapolis (direzione della prima messa in scena moderna del Tirinto di B. Pasquini), e collabora in qualità di preparatore con l’ensemble Exultemus e dell’ensemble Blue Heron di Boston.

E’ direttore ospite dell’Orchestra barocca nazionale dei Conservatori italiani e della Kurpfaelzisches Kammerorchester di Mannheim (Germania), del teatro dell’Opera di Kiel (Germania), Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara, e le produzioni d’opera barocca del Reate Festival, per il quale, nel 2018, ha fondato e dirige la RBO (Rea Baroque Orchestra).

Perché il Festival Internazionale di Musica Antica si svolge ad Urbino?

Nel 1968, la prima edizione (Urbino Musica Antica è stato ideato dal Prof. Giancarlo Rostirolla) si svolse, in realtà, a Perugia. L’anno seguente la struttura ospitante di Perugia fu, a sorpresa, affittata a degli studenti americani, e così, Rostirolla, i docenti ed i corsisti dovettero quindi ripiegare in emergenza in un convento di suore a Roma che si offrì disponibile. Ma, nonostante la struttura fosse idonea in sé, la posizione periferica e la scomodità della grande città spinsero alla ricerca di un nuovo luogo. L’idea di Urbino fu suggerita a Rostirolla da un suo amico e collega che insegnava in quella prestigiosa università, di cui ai tempi era rettore l’eminente Carlo Bo (l’università di Urbino è oggi a lui intitolata). Certo, l’idea di svolgere corsi e festival di musica antica in una città così altamente rappresentativa del Rinascimento italiano era davvero allettante.

Urbino, nel 1970, nonostante fosse un piccolo centro, godeva già di strutture legate ad un’università ed un’accademia di Belle Arti che godevano (grazie alla lungimiranza Bo) di un altissimo livello di eccellenza dei docenti; tuttavia la città, per peculiarità fisiche, conservava un incanto fuori dal tempo. Non certo per dimensioni, ma il rapporto di fra bellezza del luogo prestigio universitario è probabilmente paragonabile a Salamanca.

Una piccola compagnia, guidata da Rostirolla, nell’inverno del 1970 si recò, quindi, ad Urbino. Un viaggio, nell’Italia del ’70, molto difficile (Urbino è “rifugiata” fra le colline del Montefeltro). Fra pioggia nebbia e freddo, salirono nella piazza centrale. Entrarono al bar principale e, mentre consumavano un caffè, chiesero al barista a chi potessero rivolgersi circa la possibilità di ospitare un corso di musica estivo. Il barista si assentò un attimo, ed andò a chiamare proprio il rettore Carlo Bo, che giocava a carte nella sala adiacente. Bo arrivò con il suo sigaro ed ascoltò Rostirolla con attenzione. In meno di due ore gli accordi erano stipulati: strutture accoglienti, mensa universitaria, chiesa sconsacrata per i concerti.

Il resto è Storia…

Devo dire che non mi aspettavo che la scelta del luogo fosse così casuale! 

Ora concentriamoci su di te. Cosa ti ha attrato della musica Antica?

Non saprei dirti. Ne sono stato affascinato in tenerissima età. Probabilmente nascere e crescere a Roma, che praticamente “parla Barocco” è stato determinante.

Quanto è stato importante il periodo rinascimentale e barocco nell’evoluzione musicale?

Premettendo che tutti i periodi musicali fanno parte in modo uguale dell’evoluzione della Storia della Musica, posso comunque dire che, come nella Storia dell’Arte, quella rinascimentale è una musica che ci parla molto direttamente, che comunica chiaramente il senso di armonia che solitamente associamo a quest’epoca, e rappresenta, come nell’Arte, un periodo musicale di svolta estetica e compositiva. Se il Rinascimento, in un certo senso ci dice “come dovremmo essere” il Barocco musicale invece ci racconta chi siamo: un pasticcio di sublime, ridicolo, eccessivo, elegante, miserevole, ricco. Sono due epoche, e quindi due stili musicali che ancora permeano molto nel nostro modo di essere e meritano di essere conosciuti alla pari della coeva arte visuale.

È rilevante sottolineare l’importanza nel Festival dell’utilizzo di uno strumento “antico”; perché è andato gradualmente in disuso?

Ogni strumento è figlio del suo tempo, delle esigenze e delle condizioni storico-ambientali. Nell’affrontare il repertorio antico, la riscoperta di questi strumenti è un processo importantissimo. Non potremmo ragionare su un dipinto di Caravaggio senza sapere con che ingredienti ottenesse i suoi colori, ed ugualmente si può dire per la letteratura musicale antica e lo studio degli strumenti per cui fu concepita.

Il Festival di Urbino si sarebbe dovuto tenere a Luglio, è stato programmato per un’altra data?

L’emergenza Covid-19 ci ha imposto questa decisione. Per motivi di praticità, si andrà direttamente a luglio 2021

Che influenza hanno avuto la Spagna e l’Italia sulla musica antica?

Se intendi a livello storico, beh, rimando ad un manuale di Storia della Musica, ovviamente. Qui non ci sarebbe spazio. Se invece intendiamo come esecuzione moderna del repertorio antico, eseguito con criteri di informazione storica, la Spagna con Jordi Savall ha avuto un ruolo determinante. Savall ha più di altri in quegli anni davvero saputo affiancare alla serietà dell’approccio filologico il valore aggiunto di una visione artistica: la responsabilità dell’interpretazione. Più o meno della stessa generazione, in Italia sono stati importanti Rinaldo Alessandrini, Fabio Biondi, Enrico Onofri ed Alfredo Bernardini, ognuno con un contributo importante nel proprio campo.

Sia in Italia che in Spagna la musica è stata utilizzata dalla stessa popolazione quale strumento di incoraggiamento durante il recente periodo  di confinamento. Credi che abbiamo qualcosa che lega strettamente le due nostre culture attraverso la musica?

Credo che al di là della musica in sé, che ha comunque delle similitudini, Italia e Spagna siano accomunate in gran parte da un modo di vivere le emozioni, belle o brutte che siano. Con le dovute differenze fra i nostri nord ed i nostri sud, ritengo che siamo ugualmente bisognosi di esternare, a volte di teatralizzare le nostre emozioni, nel bene e nel male, e quindi la musica ha giocato un ruolo attivo nel fenomeno spiazzante del confinamento, e tutti abbiamo sopportato anche delle musiche orribili diffuse ad altissimo volume dai palazzi, perché sapevamo che ne avevamo bisogno a livello di società.

Margarita Rodríguez. Roma, 28 maggio 2020.