Agrupación Señor Serrano

Agrupación Señor Serrano è una compagnia teatrale di Barcellona che crea produzioni originali su aspetti discordanti dell’esperienza umana contemporanea. Gli spettacoli del Señor Serrano mescolano video dal vivo, modelli, testi, performance, suoni e oggetti. Oggi, la Agrupación Señor Serrano la compongono Àlex Serrano(direzione), Pau Palacios (contenidos) e Barbara Bloin (produzione). L’appuntamento con il “Señor Serrano” è nel Mattatoio di Roma, location perfetta per questa irriverente, elettrizzante, moderna e fuori schema compagnia di teatro Arrivo in un grande spazio davanti e dietro del palcoscenico. É senza dubbio un spazio singolare. Vedo gruppi di giovani sparsi per il suolo alcune piante, cellulari, scotch, quaderni, pennelli… É una scena un po’surreale. Tra loro, quasi mimetizzate per la loro giovinezza ed energia trovo a colpo d’occhio a Pau e Alex, due dei tre fondatori della compagnia di teatro Agrupación Señor Serrano.  

Venite spesso a Roma da anni  a svolgere una attività didattica. Il vostro ultimo workshop al Mattatoio: “Spazio scenico e costruzione drammaturgica dell’immagine”  analizza quali sono le potenzialità sceniche dell’utilizzo di una telecamera, di uno smartphone, di uno schermo e di come questi dispositivi influenzano la costruzione di una drammaturgia e lo sviluppo di un racconto teatrale. Como è stato differente questo workshop nell’epoca del Covid  dagli altri? Con la vostra immaginazione sono certa che avete creato qualcosa da condividere? Avete imparato anche voi nuove dinamiche?

Col fatto che i teatri sono stati chiusi in Europa in tutto questo periodo, abbiamo avuto due opportunità: esplorare le possibilità del teatro on line e svolgere più attività di formazione del solito. Per quanto riguarda alla prima, abbiamo creato uno spettacolo completamente on line (Prometeo) che poi abbiamo trasformato in spettacolo scenico. Questo ci ha permesso scoprire le potenzialità dell’on line, che io penso che è venuto per rimanere tra di noi, ma abbiamo anche capito che la forza del live, di fare le cose dal vivo, è insostituibile. Non è per niente la stessa cosa fare le cose in diretta on line che fare le cose dal vivo. La stessa espressione racconta tutto: dal vivo. Per quanto riguarda la formazione, anche qui, abbiamo sviluppato con molto piacere diversi progetti, svolti sia on line che dal vivo, cosa che ci ha permesso esperimentare con diversi format e dispositivi. Ma alla fine abbiamo scoperto che l’elemento veramente importante di ogni presentazione, non importa se on line o dal vivo, è avere qualcosa da raccontare, avere un tema, dei contenuti, dei motivi. Senza il “cosa”, il “come” importa poco.

La definizione del tipo di teatro che fate, molto sperimentale e innovativa, mi è stata definita da voi stessi: “Facciamo cinema in tempo reale”. Una definizione forte e coraggiosa…e questo è il vostro obiettivo?  Che il limite tra il cinema e il teatro sia soltanto l’unità del tempo? 

In realtà usiamo quest’espressione per dare un’idea chiara e diretta sul fatto che nei nostri spettacoli la proiezione funziona come centro narrativo, ma le nostre produzioni hanno senso soltanto quando lo spettatore mette insieme tutto quello che accade sul palco: C’è una proiezione, sì, ma che viene costruita e “smascherata” in diretta. In essenza quello che facciamo è teatro, perché ha senso soltanto quando si fa e si vede in uno spazio teatrale. Solo che invece di giocare a “fare finta di”, a voler “far credere che”, noi decostruiamo la “magia del teatro” per far diventare lo spettatore della sua costruzione.

 Àlex viene dal mondo della pubblicità. Si vede nell’ironia del sito web della compagnia che vi consiglio di visitare perché è anche divertente, si prendono in giro a se stessi e agli altri e questo è già una cosa che mi piace tantissimo. Nella pubblicità si parte del concetto e anche voi seguite questo schema, cioè è per voi il concetto germe dello spettacolo? Il resto è accessorio ?

Appunto, come abbiamo detto prima, il concetto, l’idea, quel che si vuol dire, è il nocciolo. Ma il resto non è accessorio, anzi, è necessario, perché alla fine i lavori più interessanti che si possono trovare in giro sono quelli dove sia la forma che il contenuto puntano nella stessa direzione, quando ogni elemento concettuale trova un rinforzo in ogni soluzione formale, dove il dispositivo scenico è in funzione dell’idea e l’idea si esprime in ogni soluzione tecnica.

Lavorate più all’estero che in Spagna e molto in Italia dove nel 2015, alla Agrupación Señor Serrano è stato conferito il Leone d’argento per l’innovazione teatrale alla Biennale di Venezia, secondo voi qual’è la  differenza tra il pubblico italiano e lo spagnolo? Esiste una differenza?

Il pubblico è un mistero, cambia di città in città e pure di serata a serata. Ma in generale, in Europa, c’è un pubblico molto simile. O detto in un altro modo, il pubblico che viene a vedere i nostri spettacoli è necessariamente molto simile, perché condivide determinate preferenze estetiche, concettuali, ecc. Più che nei pubblici, la differenza l’abbiamo trovata nei programmatori, che alla fine sono quelli che decidono cosa vedrà il pubblico. E in Spagna c’è stato per tanto tempo una cultura di programmazione molto conservatrice, impaurita da quello che fosse un po’ diverso. Quindi in Spagna di solito siamo riusciti a lavorare nelle grandi città, invece in Italia da sempre siamo andati anche in città non centrali ma con una visione culturale che punta anche sul nuovo e diverso (Forlì, Gualtieri, Castrovillari, ecc.).

10 di Luglio del 2021 Venezia. Sul palcoscenico:la prima spedizione sull’Everest, il cui successo è ancora oggi incerto, Orson Welles che diffonde il panico nel suo programma radiofonico “La guerra dei Mondi”, giocatori di badminton che giocano a baseball; un sito web di fake news; un drone che scruta il pubblico; molta neve; schermi in movimento; immagini frammentate e Vladimir Putin che dà una lezione soddisfacente sulla fiducia e la verità. Ingredienti tutti del vostro spettacolo “The Mountain”. Lo spettacolo è una riflessione su “ciò che è vero in tempi di post-verità”. È importante  per voi che il pubblico arrivi ad una conclusione o vi basta colmettere sul tavolo tutte le incertezze di questo periodo?

Se qualcuno veramente spera che una compagnia di teatro risolva in un’ora e per una ventina di euro i problemi con la verità nei nostri tempi, non andiamo bene. Da sempre, a noi interessano più le domande che le risposte, e le domande messe in relazione con prospettive inattese. Come ho detto prima, di solito se qualcuno viene a vedere un nostro spettacolo è perché più o meno la pensiamo uguale su tante cose, quindi anche sulle problematicità della verità sicuramente saremo d’accordo, quindi, noi invece che dare conferme a ciò che già condividiamo,. Proviamo a mettere alla prova le nostre convinzioni i un esercizio di pensiero critico e obliquo. Poi, che ogni spettatore arrivi alle sue proprie conclusioni. Come diceva H.L. Mencken: “Per ogni problema complesso c’è una risposta chiara, semplice e sbagliata”.

Avete un progetto con l’ufficio di cultura e Scienza dell’Ambasciata di Spagna in italia di teatro infantile in Umbria questa estate. Raccontateci un poco di questo progetto e la vostra visione sul pubblico infantile, come comunicate  la modernitá, l’ironia e tutto questo vostro modo di fare teatro visionario che è nel vostro ADN ad un pubblico infantile. Sono curiosa.

L’argomento di fondo del progetto Olympus Kids sono i miti greci, rivisti con uno sguardo contemporaneo, multireferenziale e critico. Quando ci siamo proposti di fare uno spettacolo per bambine e bambini, abbiamo deciso di fare entrare in sala proprio solo loro, lasciando gli adulti fuori. Ci interessava molto stimolare l’autonomia dei bambini come spettatori, e farlo con uno spettacolo dove loro non sono solo il pubblico, ma anche i costruttori della narrazione attraverso di una serie di momenti di dibattito guidato che si alternano coi momenti di narrazione. Uno storyteller si appoggia su diverse figurine, dei plastici e delle videocamere per raccontare un mito greco, ma lo scopo del mito non è semplicemente raccontare la storia concreta, le avventure di quel protagonista, ma mettere quella storia al servizio di una serie di riflessioni sulla nostra contemporaneità. Con Prometeo si parla di regole, di bene comune e bene privato, di diritto e di rivolta, di giusto e d’ingiusto. Con Amazzoni, si parla di gender gap, dei ruoli riservati nella società per ogni sesso. E i riferimenti che appaiono sullo schermo, oltre che i classici protagonisti dei miti greci, vanno da Frankenstein a Julian Assange passando dalle Pussy Riot. E la risposta dei bambini risulta sorprendente ed eccezionale.

Roma, maggio 2021. Intervista di Patricia Pascual Pérez-Zamora. @pato_perezamora

Foto: ©Nacho Gómez

www.srserrano.com

www.facebook.com/AgrupacionSenorSerrano

www.instagram.com/agrupacionsenorserrano/

vimeo.com/srserrano